“Cosa accade quando leggiamo? Per leggere bisogna ovviamente conoscere la lingua nella quale il
libro è scritto. Ma qual’ è stata la nostra prima lingua? La prima lingua non è la lingua nazionale, quella stabilita dal codice del linguaggio, ma una lingua che ha preceduto tutte le lingue e che viene prima di ogni possibile sua storia collettiva. Questa prima lingua precede l’ordine simbolico, condiviso universalmente, del linguaggio.
È fatta di suoni confusi, di affetti, di stati emotivi, di lettere disgiunte, di impasti di fonemi e spasmi del corpo; è una lingua che ha un corpo” (Massimo Recalcati, dall’art. “Che cosa succede al nostro Io quando leggiamo”)
Lo psicoanalista Massimo Recalcati in questo breve articolo ci introduce alla comprensione del significato
più autentico della pratica globale della lettura; innanzitutto ci dice che si tratta di una esperienza che implica concentrazione, solitudine, pazienza del tempo e soprattutto la capacità di approcciarsi al silenzio ad ascoltare per apprendere qualcosa di noi che ancora non conosciamo. Questo perché secondo il noto analista in fondo “tutti noi siamo un libro che attende di essere letto”, leggere significa incontrare appunto pezzi della nostra vita. Egli utilizza delle metafore per farci comprendere il senso di tutto questo definendo un libro come un “coltello”, un “corpo”, un “mare”; ma cosa significa tutto questo? Cosa c’entra la lingua con la pratica della lettura?
Un libro può sicuramente metterci di fronte a delle pagine della nostra vita perché da quando siamo nati
portiamo su di noi stampate le parole dei nostri genitori, dei nostri avi, le parole degli altri. In qualche modo il libro ci risponde rivelandoci delle cose che inconsciamente già sapevamo. I libri sono scritti nel linguaggio del codice nazionale eppure la brace silente che li alimenta resta nascosta tra le pieghe ed in questo senso noi possiamo fare esperienza di sentirci letti attraverso la lettura.
Quale esperienza d’incontro si nasconde dietro la lettura?
Uno dei primi libri che ho letto nella mia vita si intitola “L’ombra del vento”, un romanzo del 2001 di
Carlos Ruiz Zafòn ambientato alla fine della seconda guerra mondiale in un Barcellona colpita dalla guerra
e dal franchismo; narra la storia del giovane Daniel che, dopo aver perso la madre, di cui non ricorda più il
volto a causa del colera alla fine della guerra, viene portato dal padre nel cimitero dei libri dimenticati, una gigantesca biblioteca nella quale vengono conservati migliaia di volumi sottratti all’oblio. Qui lo invita a sceglierne e adottarne uno e a promettere di averne cura per tutta la vita; la scelta ricade sull’ombra del
vento dello sconosciuto Julian Carax, una scelta che lo accompagnerà per dieci anni lungo un percorso di
crescita, mettendo in evidenza tutta una serie di eventi simili a quelli dell’autore, fino all’indicibile segreto,
fino a quando diventa un uomo.
Ebbene, questa storia può essere utile per aiutarci a comprendere come la lettura riesca ad aprire i cassetti delle nostre memorie più antiche, l’incontro con pezzi dimenticati lasciati lì nel fondo per farli riemergere come un filo che ritrova le mani che lo avevano lasciato; da qualche parte, questo filo invisibile recupera la tensione e ci conduce alla scoperta di quello che siamo. L’etimologia del verbo leggere è da ricondursi al latino “legere”, con il significato di raccogliere; leggere significa fondamentalmente raccogliere con mani tese e maglie strette i sensi sepolti in fondo al mare, al nostro mare, lì dove ritroviamo il profumo della nostra storia, la voce del nostro cuore, l’ascolto delle parole più dolci, il gusto del piacere più sano, il calore di un abbraccio sincero.
La lettura ci aiuta a ritrovare il senso della nostra vita perché ci offre la possibilità di scoprire qualcosa di noi che prima non conoscevamo; con coraggio possiamo aprirci ad essa in posizione di ascolto e farci trovare pronti nel ricevere qualcosa di nuovo ed inaspettato. La lettura, quando è autentica, è un’esperienza priva di aspettative, ci spinge a guardarci dentro come farebbe un bel quadro, una vecchia fotografia, il suono di una musica; un libro non ci offre mai soluzioni né tantomeno l’approccio ad esso può essere di scambio, io ti leggo e tu mi dai qualcosa in cambio ma, quello che può fare, è rimetterci in contatto con la nostra storia attraverso le storie degli altri. Emozioni, sentimenti, sogni, desideri tutto ciò che nutre il nostro spirito e la nostra anima. L’approccio ad essa è dunque la chiave di accesso al mistero che nasconde. Ennio Flaiano (scrittore, sceneggiatore, giornalista Pescarese che collaborò a lungo con Federico Fellini) diceva che per leggere un libro esistono tre differenti modalità; il modo più diffuso è la disattenzione, si legge come si fuma, per tenere le mani occupate e gli occhi, per noia, per orrore del vuoto e di se stessi; si può anche leggere un libro per sospetto e invidia, nel qual caso il libro è troppo attraente e si pensa che avremmo potuto scriverlo anche noi; il terzo modo di leggere un libro, il più semplice appartiene e si acquisisce con l’età oppure è un dono che si scopre in se stessi da ragazzi. Si tratta di non abbandonare mai “quel” libro, di lasciarlo e di riprenderlo, di “Andarci a letto”; quello che conta insomma è di abitarli i libri e non di leggerli, di sentirseli addosso.
Sappiamo così poco di noi stessi che spesso ci accontentiamo di quello che già conosciamo: attraverso la lettura ogni pezzo del puzzle della nostra vita ritrova un legame comune che ci restituisce senso. A qualsiasi dimensione, dalle favole all’epica, dai romanzi ai grandi classici, ogni libro è un’opportunità per conoscere se stessi, tirare fuori quei tesori che possediamo perché hanno bisogno di brillare per poter essere riconosciuti.
Perché un libro dunque?
⦁ FUNZIONA SUBITO (NO BATTERIE, NO MONTEGGIO)
⦁ NON SBAGLI MAI LA TAGLIA
⦁ È SEMPRE DI MODA
⦁ CE N’É PER TUTTI I GUSTI
⦁ È FACILE DA INCARTARE
⦁ CI RENDE MIGLIORI
⦁ È PANE PER TESTA E OCCHI
⦁ LO USI E LO RIUSI OVUNQUE
⦁ DURA PER SEMPRE
⦁ PERCHÉ NO?