“Fotografare è riconoscere nello stesso istante e in una frazione di secondo un evento e il rigoroso assetto delle forme percepite con lo sguardo che esprimono e significano tale evento. È porre sulla stessa linea di mira la mente, gli occhi e il cuore. È un modo di vivere.“
Così Henri Cartier Bresson, padre del fotogiornalismo moderno, definisce la fotografia. La “scrittura con la luce”, così come letteralmente viene tradotta, è un’arte recentissima se consideriamo il fatto che la prima fotografia della storia risale al 1826 ad opera del Francese Joseph Nicèphore Nièpce che, utilizzando una sostanza chiamata bitume di Giudea riuscì, attraverso una lunga esposizione alla luce di ben otto ore, ad imprimere la prima immagine fotografica della storia. Questo importante momento della nostra storia moderna segna lo spartiacque fondamentale per delineare i confini di ciò che oggi consideriamo come memoria; fino ad allora solo alla pittura era dato il privilegio di dare forma alle immagini del mondo nella ristretta cerchia di coloro che potevano permettersi tale arte. Con l’avvento della fotografia e del suo affermarsi nel secolo anche alle persone meno abbienti fu data la possibilità di materializzare la propria storia sotto forma di ritratto. La fotografia ci permette di considerare come ciò che guardiamo e quello che sentiamo in ogni istante della nostra vita abbiano un valore simbolico; se potessimo fotografare ogni singolo momento del nostro quotidiano vivere saremmo in grado di raccontarci quello che il più delle volte dimentichiamo negli anfratti della memoria. In effetti, la fotografia ha la grande capacità di ritornare a riprendere le emozioni che si sono impresse nel tempo e nello spazio di un determinato momento e di restituircele sotto forma appunto di memoria. In un certo senso la fotografia dona senso ai nostri vissuti interiori in quanto la luce descrive le forme del nostro essere e ci permette di rappropriarci delle nostre emozioni. Ma di quali emozioni sto parlando?
“Quando guardo una fotografia non guardo solo l’immagine che ho davanti ma guardo l’emozione che
quell’immagine mi trasmette, è un ponte verso me stesso attraverso il quale riconoscermi”
SPERANZE ©Nicola Vinciguerra
Le fotografie sono gocce di memoria che non tramontano mai perché sono sempre lì con me, a ricordarmi quanto amore ho ricevuto nel corso della mia vita; nei gesti, negli affetti, nei profumi, nei legami che in ogni singolo istante hanno dato forma al mio sentire; una fotografia non scompare, semplicemente resta. La fotografia mi insegna a non dimenticare, a restituire, a dare senso alla storia, alla mia e a quella degli altri. É una forma di gratitudine nei confronti della vita per il dono immenso che mi ha fatto, quello di essere venuto al mondo ed è per questo che la conservo nel mio cuore per restituirla nei momenti di difficoltà che mi trovo ad affrontare, quei momenti in cui le emozioni, attraverso la loro forza, riescono a dare forma e sostanza al mio essere e a trasformarmi ancora una volta per creare qualcosa di nuovo; un modus operandi che può essere utilizzato nelle relazioni d’aiuto stimolando tutti coloro che non riescono a vederle queste emozioni per riportarle a galla e riappropriarsene. Tutti noi siamo un universo emotivo ricco di così tante sfumature che in qualsiasi momento possiamo tirare fuori dai nostri cassetti della memoria frammenti di vita che ci appartengono, immagini appunto, rimetterle insieme e dare senso al nostro divenire sottoforma di amore verso noi stessi.
Cerco di mettere in risalto il processo emozionale della fotografia tralasciando quello fotografico di per sé; per questa ragione nell’ immaginario quello che ci deve fare pensare a come le emozioni si siano scolpite nelle fotografie, riguarda soprattutto quelle in cui abbiamo vissuto in prima persona dette emozioni; la fotografia riesce, anche se distante dal mio quotidiano, di per sé a dare senso e contenuto a quello che accade lontano dai miei occhi, ma quello che accade attraverso i miei occhi ha una valenza emozionale che si farà spazio ogni qual volta avrò bisogno di ricordare. La fotografia e le emozioni che si legano ad essa nascono dal silenzio ed è per questo che la loro forza è primigenia, innegabile, scolpita nel tempo. La fotografia ha un suono, un profumo, un pensiero, è vitale perché mi mette in relazione e mi rende visibile a me stesso.
Le emozioni non hanno bisogno di parole questo è vero, ma hanno bisogno di contenuti che riescano a dargli forma; la fotografia grazie alla sua materialità riesce ad accogliere con amore quello che ogni immagine nasconde dietro la sua apparenza per ridisegnare il mio universo emozionale e renderlo visibile non solo a me stesso come ho già accennato in precedenza, ma anche agli altri che troveranno in me ed in noi uno specchio attraverso il quale riorientare i confini del proprio mondo emozionale.
“La fotografia a volte fa paura, guardarla fino in fondo smuove tutte le emozioni ancorate ad essa, ma quando queste vengono riconosciute e liberate il mio sguardo si trasforma, conquista nuovi spazi dove far entrare ancora un angolo di mondo che merita di essere visto perché la fotografia in fondo non è qualcosa che mi appartiene ma è qualcosa che mi nutre”
A cura di Nicola Vinciguerra
Dott. in Scienze Turistiche
Educatore professionale
Fotografo
Add a Comment