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Un giorno…

Un giorno come tanti ti svegli, ti alzi, prepari la colazione, chiami i tuoi figli e all’improvviso invece della tua bella bimba affettuosa e sorridente si presenta una ragazzina che con aria spazientita ti dice che non ha fame e che deve scappare perché le amiche l’aspettano davanti la scuola. La guardi incredula, provando a fare accenno all’importanza del pasto mattutino ma lei, indolente e scocciata, ribatte che è tardi e va via.
Non è un incubo. E’ iniziata la preadolescenza di tua figlia.
La preadolescenza è quel periodo compreso tra i 10 ed i 14 anni durante il quale i figli non sono più bambini e non sono ancora adulti: sono in divenire, sospesi tra l’infanzia e l’adolescenza. La psicoterapeuta Sofia Bignamini li definisce “mutanti” paragonandoli a dei serpenti che cambiano pelle, proprio perché la mutevolezza è la loro caratteristica predominante dal punto di vista fisico, psicologico e relazionale.
Tale susseguirsi repentino di cambiamenti spiega il perché il rapporto tra un figlio preadolescente ed i genitori entri in crisi e necessiti di una profonda trasformazione. I figli, all’interno di un corpo che cambia velocemente, non riescono a controllare e gestire i molteplici stimoli provenienti dall’esterno: la scuola, gli amici, i genitori. Sono fragili e incapaci di esprimere verbalmente le emozioni che provano, perciò ricorrono ad un atteggiamento ribelle o si isolano. Ogni piccola cosa, ogni particolare diventa per il preadolescente un assoluto e compito del genitore è quello di aiutarlo a ridimensionare il tutto, fornirgli la giusta prospettiva, senza però sminuirne il pensiero o il desiderio di fare nuove esperienze.
Innanzitutto bisogna partire dal dialogo, da una comunicazione efficace che consenta al genitore di mettersi realmente in contatto col figlio. Rachel Andrews, psicoterapeuta e membro della British Psychological Society, suggerisce di ricorrere all’ascolto trasversale cioè di dedicare ogni giorno 10 minuti del proprio tempo per svolgere un’attività con i figli durante la quale parlare liberamente. E’ fondamentale lasciare spazio ai ragazzi affinché possano parlare e confidarsi e soprattutto possano decidere da soli in merito alle situazioni che li preoccupano, sapendo di poter contare sul nostro appoggio. E’ necessario quindi trasmettere loro calma e sicurezza qualunque sia l’argomento trattato per non attivarli emotivamente e non infondere loro sensi di colpa e preoccupazione attraverso giudizi o avvertimenti.
Ciò significa rinunciare ad esercitare il potere del ricatto e del senso di colpa, evitare di far pesare ai figli il tempo e le energie che quotidianamente dedichiamo loro, perché sono un dono e non una costrizione. Significa anche ascoltare i silenzi dei nostri figli e cercare di comprenderli, di capire quando hanno bisogno di condividere, di parlare, di stare da soli, quando non si sentono all’altezza o si sentono in dovere di fare qualcosa… significa accettare il silenzio, inteso come luogo di attesa dei tempi altrui, come spazio da attraversare per vivere e superare le proprie paure di genitori.
Perché i cambiamenti di un figlio fanno paura e spostarsi dal proprio punto di osservazione per scorgere l’orizzonte di nostro figlio non è semplice. Spesso l’ansia o la paura di non essere accettati come genitori ci inducono a rinunciare al nostro ruolo per mostrarci solo come amici. In realtà nostro compito è segnare dei confini e dare delle regole che orientino nostro figlio ad esplorare le proprie potenzialità e a definire i suoi limiti. Dobbiamo rinunciare alle nostre aspettative su di loro, sottolinearne le conquiste per accrescere la fiducia in sé, far sentire loro che siamo presenti sempre…anche con i nostri limiti.
Non è infatti mostrandoci onnipotenti che aiuteremo nostro figlio a crescere, ma avendo il coraggio di affrontare i dubbi e le incertezze che ogni giorno ci si presentano, non propinando loro il nostro modello di figlio ideale ma accettandoli come persone, come “altro da noi”.
Solo un genitore fallibile e vulnerabile può insegnare ad un figlio che è possibile commettere degli errori senza provare un infinito senso di colpa ma rimediando e chiedendo scusa.
Un giorno come tanti ti svegli, ti alzi, prepari la colazione, chiami i tuoi figli, li guardi…è ora di lasciarli andare.

A cura di Elisabetta De Iuliis
Dott. In Scienze della Formazione Primaria
Insegnante di sostegno

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